Archivio dell'autore: spacepampu

Questo sarebbe il “Bel Paese” ?!?

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Questa volta non prendo un articolo scritto da un giornalista o da un opinionista da sottoporre all’attenzione di chi legge.
Questa volta scrivo io, d’impulso, così come mi viene.
Io comincio davvero ad avere la nausea di questo paese dove sono nato, cresciuto e dove ho iniziato a costruire la mia famiglia.
Avete fatto caso a come vengono divulgate le notizie relative alla cronaca? avete notato che mentre prima si diceva ad esempio:
“Rapina effettuata da 2 Albanesi….”
oppure “Stupro di un cittadino extracomunitario….”
o ancora “pirata della strada, un marocchino….”
Ora invece si sottolinea la cittadinanza solo quando sono coinvolti degli italiani? anche nel TG5 di oggi si parlava di una banda di rapinatori: “12 elementi….in parte Italiani…..”
Si, ma gli altri da dove arrivano? sono regolari? sono clandestini?
Basta!! questo è argomento tabù, non si può più raccontare i fatti così come sono, altrimenti sei razzista, meglio allora essere “razzisti al contrario” tanto cosa vuoi… quei coglioni italiani non reagiscono mai, borbottano e basta!!
Bene, io mi sono rotto i coglioni!! Io sono razzista e spiego subito cosa intendo.
Per me al mondo esistono due razze: Le BRAVE PERSONE ed i DELINQUENTI.
Io tifo per la razza delle BRAVE PERSONE e sono contro ai DELINQUENTI, quindi non me ne frega un cazzo di che colore hai la pelle o da che paese arrivi, quello che conta è cosa fai e come ti comporti.
Partendo da questo presupposto è vero che non si può dire che tutti gli immigrati siano dei delinquenti, ma proprio per lo stesso motivo, non si può neanche dire che siano tutti dei santi.
Se poi andiamo a vedere le percentuali nelle carceri, scopriamo che la presenza extracomunitaria è percentualmente molto superiore alla presenza su tutto il territorio nazionale.
Questo cosa vorrà dire???, la matematica non è un opinione, se lo dico sono razzista?
A Milano c’è un sindaco che è stato eletto nonostante abbia preventivamente dichiarato che si sarebbe prodigato per aiutare “gli altri”, ed ora vediamo una città dove la criminalità ha avuto un’impennata impressionante; la zona dove sono cresciuto (est-Forlanini) è diventata una tra le zone più pericolose, pochi anni fa era tranquilla!
C’è la presenza di molti ROM, però sappiamo tutti che non dipende da questo vero? noi sappiamo tutti che loro sopravvivono costruendo pentole di rame vero?
Se però ti azzardi a dirlo, a commentarlo, allora sei uno sporco razzista!
Adesso poi abbiamo una simpatica ministra di origine africana, perfetto! anche il partito che voto io “LA LEGA NORD” ha un sindaco di colore e molti militanti stranieri…..
Qual’è il problema??  ….il problema è il ministero che gestisce, che già di per sè è inutile, abbiamo già il ministero degli Interni e delle pari opportunità, inoltre come lo vuole gestire?
Presto detto: La cosa più importante in Italia in questo momento è…… lo IUS SOLI!!! Bravissima Cecil !!! questa si che è una bella battaglia…..
Siamo in recessione, in una crisi che dura da anni, non c’è lavoro e cosa facciamo? diamo la cittadinanza istantanea a chi nasce qui? PERFETTO, così avremo barconi pieni di donne in gravidanza che verranno a partorire in Italia e che daranno alla luce bambini italiani, chiederanno il ricongiungimento e diventeranno anche loro Italiane, poi i mariti chiederanno il ricongiungimento e verranno anche loro con gli altri bambini già grandi, finito? No: Mentre mamma e papà lavorano, chi tiene i bambini?? facciamo venire Nonni e Zii con il ricongiungimento familiare e creiamo una bella comunità in Italia dove c’è tanto posto, tanta prosperità, tanto lavoro……    Tanti diritti…….  e nessun dovere……..  almeno per noi “razza” protetta!

Gli otto punti incomunicabili del Pd (Articolo di Luca Ricolfi – 08/03/2013 – La Stampa).

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Mi è capitato, nei giorni scorsi, di prender parte a un dibattito televisivo sulle elezioni e di ascoltare una puntata di un talk show politico, sempre con esponenti del Pd. Poi, ieri, ho letto attentamente gli 8 punti programmatici con cui Bersani pensa di candidarsi a guidare un governo appoggiato da Grillo. Ebbene, lo dico subito, io sono sconcertato.

Sono sconcertato perché, più li leggi e li ascolti, più ti accorgi che nei dirigenti del Pd nulla, ma proprio nulla è cambiato dopo il voto. Non sono cambiati gli slogan, non sono cambiati i programmi, non sono cambiati gli atteggiamenti. Non sono cambiati i rituali, non sono cambiati i ragionamenti, non è cambiato il linguaggio. Non c’è nessuna idea veramente nuova. Solo tanta supponenza, e una completa incapacità di capire come si viene percepiti dagli altri. Questi dirigenti dimostrano, con il loro modo di parlare e di atteggiarsi, di non avere la minima idea di come la gente li vede. Se potessero entrare anche solo per qualche minuto nei nostri cervelli avrebbero uno shock: scoprirebbero che non solo non li apprezziamo, non solo li troviamo irritanti, ma siamo semplicemente increduli.   

Ma come? Nemmeno dopo lo schiaffo, lo sberleffo, l’umiliazione del trionfo di Grillo, nemmeno dopo tutto questo riuscite a mettere insieme una reazione, un ripensamento, un dubbio vero?

E’ terribile, quel che sta succedendo. Il vincitore morale delle elezioni è Grillo, che ha sfondato per l’elementare ragione che noi sfortunati elettori di questo paese non avevamo alcun altro mezzo per dare un segnale forte ai partiti tradizionali. Ma questa vittoria si sta rivelando inutile, se non dannosa. Il vincitore tecnico delle elezioni, il Pd di Bersani, si sta infatti mostrando del tutto incapace di recepire quel segnale. E il programma in 8 punti varato l’altro ieri nella direzione del Pd ne è purtroppo l’amara testimonianza scritta.

Io consiglio caldamente a tutti di andarselo a leggere, questo programma che dovrebbe “cambiare l’Italia” (www.partitodemocratico.it). Di studiarlo parola per parola. Di provare a capirne la logica. Perché è una cartina di tornasole perfetta dell’incapacità di cambiare o, se preferite, dell’incapacità di concepire il cambiamento al di fuori delle furbizie della politica.

Che cosa vi troviamo, infatti? Fondamentalmente due cose.

Primo, un umiliante strizzare l’occhio a Grillo, con la ripresa di temi cari al Movimento Cinque Stelle (misure anti-casta, “banda larga”, “ottimizzazione ciclo dei rifiuti”, “recupero aree dismesse”, etc.), ma silenzio assoluto sulla sua proposta chiave (condivisa anche da Matteo Renzi), e cioè l’abolizione del finanziamento pubblico dei partiti. Su questo il punto 3 di Bersani si limita a dire: “Legge sui partiti con riferimento alla democrazia interna, ai codici etici, all’accesso alle candidature e al finanziamento”. Formulazione farraginosa e vuota, da cui si può dedurre solo che il finanziamento resta in piedi e si tratta unicamente di fissarne l’entità, in totale spregio del risultato del referendum che lo aveva abolito giusto vent’anni fa.

Secondo, una riproposizione, in molti punti e sotto-punti del programma di governo, del medesimo linguaggio usato in campagna elettorale, un linguaggio che, se (forse) ricompatta la base dei militanti, è invece del tutto controproducente quando si cerca di arrivare all’elettore normale, che non solo ignora il codice della politica ma lo detesta.

Che cosa è il “codice” della politica? L’essenza del codice della politica è la preferenza per le formule astratte, generiche, involute, vuote o meramente intenzionali. Espressioni che si limitano a comunicare l’attenzione per un tema o per un problema, senza indicare una soluzione praticabile (dove trovo i soldi?) ma soprattutto comprensibile. Esempio: se dico “metto 100 euro al mese in più nella social card e i soldi per farlo li trovo aumentando la benzina di tot centesimi al litro”, il cittadino può gradire oppure no, ma capisce perfettamente di che cosa stiamo parlando. Ma che cosa può capire se gli prometto “l’avvio della universalizzazione delle indennità di disoccupazione”? O se gli garantisco “avvio della spending review con il sistema delle autonomie e definizione di piani di riorganizzazione di ogni Pubblica Amministrazione” ? O se gli prometto un “programma pubblico-privato per la riqualificazione del costruito” ? O se mi limito a dire che farò una legge, o introdurrò nuove norme, su un problema, un ambito, un tema?

Gli “8 punti” di Bersani grondano di leggi, norme, misure, piani, revisioni e rivisitazioni su tutto e su tutti: “misure per la tracciabilità”, “rivisitazione delle procedure di Equitalia”, “revisione degli emolumenti”, “legge sui partiti”, “legge sulla corruzione”, “norme efficaci sul voto di scambio” “norme sui conflitti di interesse”, “norme contro il consumo del suolo”, “norme sulle unioni civili”, “norme sull’acquisto della cittadinanza”, “contrasto all’abbandono scolastico”, “piano bonifiche per lo sviluppo delle smart grid”. Ma a chi parlate? E che cosa credete di comunicare, se non la vostra pretesa di occuparvi un po’ di tutto, e quindi la nostra certezza che finirete per combinare ben poco?

Di questa farraginosità degli 8 punti del programma di Bersani si è accorto persino il sindaco Pd di Padova, che in direzione ha detto senza tanti giri di parole (cito testualmente dalla trascrizione del suo intervento): “I punti proposti da Pierluigi, però, non sono 8, ma 50. Come li comunichiamo? Faccio un esempio: la campagna elettorale di Berlusconi si è basata fondamentalmente sulla restituzione dell’Imu e sull’eliminazione delle tasse per chi assume i giovani. (…). Gli 8 punti (di Bersani), ognuno dei quali si articola in 5 o 6 proposte, sono secondo me incomunicabili. Ha ragione il sindaco di Bari quando dice che oggi la proposta politica e la sua capacità di essere comunicata coincidono, hanno la stessa importanza”.

 

Da un programma di governo, tanto più se si tratta di un governo che difficilmente governerà a lungo, non ci aspettiamo che sia zeppo di buone intenzioni, di dichiarazioni di sensibilità e di interesse, tanto più che la maggior parte di tali intenzioni e dichiarazioni le abbiamo già sentite innumerevoli volte e ogni volta, arrivati al dunque, cioè al governo del Paese, le abbiamo viste sciogliersi come neve al sole. E questo sempre, a sinistra, come a destra, come al centro. No, quel che chiediamo a un programma di governo è di indicare poche cose, ma che siano chiare, ben definite, fattibili, e davvero utili al Paese. Alcune di queste cose, a mio parere, sono presenti nel programma elettorale del Pd, altre in quello del Pdl, altre in quello del Movimento Cinque Stelle. Altre ancora non stanno in alcun programma, perché sono impopolari.

Quel che manca non sono le idee, ma un gruppo dirigente capace di scegliere le cose da fare e quelle da non fare. Un leader e una squadra che non fabbrichino i programmi politici al servizio delle alleanze che intendono costruire, ma che costruiscano le alleanze al servizio del programma che intendono realizzare.

Un sogno?

A Giorgio Napolitano l’ardua sentenza.

Alle urne nel caos, così vincerà il Professore (Magdi Cristiano Allam)

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Articolo originale (http://www.ilgiornale.it/news/interni/alle-urne-nel-caos-cos-vincer-professoreil-commento-2-854859.html)

 – Lun, 12/11/2012 – 07:06

Un anno dopo l’insediamento del governo di Mario Monti, in parallelo al deterioramento oggettivo della situazione economica dell’Italia e del tenore di vita degli italiani, il bilancio evidenzia la perdita sostanziale della nostra democrazia. Basta considerare il fatto che a sei mesi dalle elezioni nazionali non sappiamo con quale legge si voterà e neppure quali saranno i soggetti politici che vi parteciperanno, ma sappiamo invece chi ci governerà dopo il voto, ossia Monti, nonostante che non si sottoporrà al responso degli italiani. Così come la sua nomina a presidente del Consiglio fu calata dall’alto per volontà del capo dello Stato Napolitano, la riconferma di Monti dopo le prossime elezioni avverrà al di fuori e contro il contesto della democrazia sostanziale. In un’intervista al trimestrale francese Politique Internationale, Monti ammette di essere un’eccezione alla democrazia («l’Italia deve ritrovare un processo democratico normale»), ma anticipa che dopo le elezioni del 2013 «nell’ipotesi in cui fosse impossibile costituire una maggioranza, io sarei là. Se servisse, io continuerei». E tutto lascia presagire che sarà lui a governare l’Italia. Monti non è un accidente della nostra storia contemporanea ma è l’incarnazione di una strategia deliberata che mira a sottrarre del tutto all’Italia la sovranità monetaria, legislativa, giudiziaria e nazionale, per assoggettarla definitivamente a questa Unione europea dei banchieri e dei burocrati e ai poteri finanziari forti di cui è stato ai vertici fin dopo il suo insediamento alla presidenza del Consiglio: Goldman Sachs, Moody’s, Gruppo Bilderberg e Commissione Trilaterale. Il suo potere ha coinciso con lo svuotamento delle identità dei partiti che, da un giorno all’altro, hanno accantonato le loro legittime differenze ideali e politiche per sostenere lo stesso governo e la medesima strategia, nonché con l’auto-commissariamento del Parlamento che, dopo essersi ridotto a trasporre in ambito nazionale le risoluzioni europee, è diventato un’appendice dello strapotere del governo e del capo dello Stato. La missione di Monti è favorire il riciclaggio di una massa di denaro virtuale, frutto della speculazione finanziaria dei titoli derivati, pari a 787mila miliardi di dollari, circa 12 volte il Pil mondiale, consentendo ai poteri finanziari forti di impadronirsi della nostra economia reale, costringendo le nostre imprese a chiudere, svendendo il patrimonio immobiliare pubblico, impoverendo gli italiani al punto da rassegnarsi alla pura sopravvivenza fisica. Questa missione si realizza attribuendo pieni poteri alle banche profondamente inquinate dai titoli derivati, a cui il governo americano dal 2007 al 2011 ha regalato 7.700 miliardi di dollari, mentre l’esborso dell’Ue è stato di 2mila miliardi di dollari. La riconferma di Monti vede pertanto partecipi questi poteri finanziari che, controllando gran parte dei mezzi di comunicazione di massa, riescono a plagiare la mente dei cittadini, convincendoli che lui è il salvatore della patria. A tale fine si vuole far crescere elettoralmente Beppe Grillo, perché più sarà forte, più i partiti si indeboliranno e saranno pertanto costretti a supplicare in ginocchio Monti di continuare a sacrificarsi tornando al governo per il bene dell’Italia. Qualora questa strategia dovesse prevalere, in Italia non servirà più votare e finirà di fatto la democrazia. Se nel 2013 andremo alle urne sapendo anticipatamente che ci governerà Monti, alle elezioni successive ci toglieranno il disturbo di recarci ai seggi perché tanto governerà il prescelto dai poteri finanziari forti e, così facendo, si risparmieranno soldi utili alle banche a cui dovremo rendere conto di ogni minimo dettaglio della nostra esistenza.

Il prof. Monti bocciato all’esame di economia reale (MoviSol)

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Articolo Originale di MoviSol: http://www.movisol.org/12news201.htm

14 ottobre 2012 (MoviSol) – Quando si dice che gli economisti di oggi sono incompetenti qualcuno penserà che sia solo una provocazione. Ma venerdì è stato proprio il Presidente del Consiglio Mario Monti a fugare i dubbi a proposito, nel rispondere alle domande dei giornalisti stranieri all’inaugurazione della nuova sede dell’Associazione Stampa Estera di Milano.

Quando il corrispondente dell’EIR Andrew Spannaus ha chiesto al supertecnico – che per molti anni ha ricoperto la carica di presidente della più rinomata tra le università in materie economiche in Italia, la Bocconi – se non sia necessario tornare alla separazione bancaria per garantire che la liquidità vada all’economia reale piuttosto che alle operazioni speculative, Monti ha dapprima fatto qualche giro di parole sulle regole europee e il “pragmatismo” di Mario Draghi. Poi ha concluso con questa perla di saggezza economica: “Sulla questione della separazione tra le banche commerciali e le banche d’investimento….. non l’ho particolarmente approfondita”.

Dunque il massimo esperto economico, il professore che ci somministra la medicina amara di tagli, tasse e liberalizzazioni, non è in grado di pronunciarsi su uno dei temi più importanti per l’economia in questo momento; infatti cresce il dibattito sulla separazione bancaria (sul modello della Legge Glass-Steagall varata sotto il presidente Franklin Delano Roosevelt del 1933) in Europa e negli Stati Uniti, fino al punto che anche l’Unione Europea ha dovuto pronunciarsi proprio in questi giorni, con il rapporto Liikanen (vedi “La ‘separazione bancaria’ dell’UE: non è Glass-Steagall, e nemmeno una separazione”).

Eppure Mario Monti, che non esita ad assicurarci che gli effetti recessivi delle misure recessive fossero attesi – ma stranamente non ce l’aveva detto prima – e che queste importanti riforme ci permetteranno di riprenderci nel futuro, si rifiuta di affrontare la vera questione strutturale per il sistema finanziario mondiale: l’assoluto predominio della speculazione finanziaria nei confronti dell’economia reale. Infatti la corsa folle a immettere sempre più liquidità nel sistema, aumentando gli interventi della Banca Centrale Europea e lanciando anche nuovi strumenti come l’ESM, serve solo a rifinanziare le grosse banche e perpetuare un modello basato sul profitto puramente speculativo, dove i soldi non arrivano mai all’economia reale.

Alla popolazione è ben evidente che le imprese e le famiglie hanno forti difficoltà nell’accedere al credito, proprio nel periodo in cui serve di più. Agli esperti però, evidentemente questi dettagli importano poco, presi come sono a placare i “mercati” che devono giudicare l’azione di risanamento dei conti pubblici.

Un altro giornalista presente alla conferenza stampa ha notato che il Presidente del Consiglio si è un po’ innervosito alla domanda dell’EIR. E a dire il vero è possibile che Monti conosca bene l’argomento, ma abbia semplicemente preferito non affrontarlo. In questo caso, oltre alla mancanza di comprensione dei meccanismi dell’economia reale, si aggiungerebbe la piccolezza di chi ha paura di rispondere dei propri errori.

Due Somari Due compari (Piero Laporta)

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(Articolo originale del 06/11/2012: http://www.pierolaporta.it/due-somari-due-compari-2 )

Obama o Romney? Visto che persino il fainancialtaims s’avventura in dichiarazioni di voto, ne facciamo una anche noi: non ce ne frega nulla.

Chiunque dei due vinca – e vincerà Obama, perché così è deciso – questi Stati Uniti non sono più quello che furono durante la 2^GM e nella Guerra Fredda. Mano a mano la loro classe politica è finita in mano a banditi pronti a tutto.

Caduto il Muro di Berlino, gli Stati Uniti avevano due opzioni: negoziare il loro incolmabile debito pubblico in un mondo pacificato oppure alzare la tensione mondiale per elevare il costo del barile e costringere con la forza militare a comperare il greggio col dollaro, uccidendo chiunque si opponga. Scelsero la seconda opzione, per seguire la quale imboccarono la strada delle congiure.La prima di queste, Tangentopoli, distrusse l’unica classe politica europea – socialisti e democristiani –  in grado di comprendere e contrastare la loro strategia. Ai vecchi alleati esigenti preferirono gli antichi avversari ricattabili, del resto compagni di strada di ben riuscite imprese banditesche, come l’assassinio di Aldo Moro e la trattativa con la mafia per la base di Comiso che costò la vita a Carlo Alberto Dalla Chiesa e Pio La Torre, tanto per fare alcuni esempi, non tutti. Si appoggiarono così ai rimasugli del Partito Comunista Italiano, le cui marionette, mutato l’abito di scena, si riproposero come vestali del liberismo.

Il costo del petrolio nel corso dal 1861 al 2008

Il problema degli Stati Uniti nel 1973 fu portare il barile da 20 a 40 dollari; nel 1980 da 40 a 100; l’11 settembre 2001, da 20 dollari si portò nuovamente verso 100; oggi non bastano più 100 dollari, ne vorrebbero 200, domani 400, mano a mano sempre di più. Il controllo militare delle fonti petrolifere, unito all’uso indiscriminato della forza conferisce al dollaro, che altrimenti sarebbe carta straccia, la qualità di moneta di scambio per le transazioni energetiche. Quanto può durare?

Potrebbe durare a lungo se le famiglie della buona società americana preferissero il lavoro alla ludoteca e inviassero i loro figli sui fronti di guerra. Da tempo invece il denaro rapinato ha infettato di decadenza tanto le famiglie quanto l’esercito. Così è giocoforza esigere che il resto del mondo lavori e produca, mentre le operazioni militari si affidano a mercenari, reclutati sotto varie forme, oppure alle truppe alleate, analogamente a quanto fece l’impero romano al tramonto.

Solo caudatari senza dignità, come i politici italiani, possono supporre d’essere alleati con un paese le cui banche ci bombardano con le transazioni istantanee, facendo pagare a tutti noi le loro enormi dissipazioni.

Il mio amico, colonnello statunitense in pensione, mi ricorda tuttavia che c’è un hi-tech militare che fa la differenza. È vero la tecnologia degli aerei senza pilota, per esempio, ha modificato le regole della guerra, da quando essa si può condurre dall’ufficio e sembra apparentemente poter fare a meno del campo di battaglia. “Return”… e puff il nemico non c’è più, vaporizzato da un missile piovuto dal cielo come le saette di Zeus. In questo modo tuttavia la tecnologia ha inciso sulla politica della guerra, oltre ogni immaginazione. Le piattaforme unmanned, in particolare quelle aeree, tolgono alla guerra l’attrito di clausewitziana memoria, spogliando l’esecuzione militare d’ogni rischio e di qual si voglia incertezza: individuato l’obiettivo, si colpisce da migliaia di chilometri senza alcuna remora, certi che l’operazione, quantunque ripetuta migliaia di volte, non ha  (apparentemente) conseguenze sulla macchina del consenso elettorale, anzi.

Obama, in un duello tivvù, ha infatti ricordato allo sprovveduto Romney che la forza militare non si misura più come nel passato. Verissimo.

Inutile quindi entrare nelle aritmetiche delle vittime civili; delle donne, dei vecchi e dei bambini uccisi dalle operazioni dei drone. Anche se solo un innocente avesse perduto la vita, gli agguati dal cielo con armi sofisticatissime hanno la medesima levatura morale del colpo di lupara al riparo d’un muro a secco. Quand’anche tutti i morti fossero tutti nemici – di chi poi? – gli agguati dal cielo sono una depravazione ulteriore della guerra, assimilando l’oligarchia dotata di implacabili hi-tech alla setta degli Hashishin.

Questo progresso che ci precipita nella barbarie del passato renderebbe persino grottesche, se non fossero tragiche, le condoglianze di Anders Fogh Rasmussen, Nato Secretary-General, alla Turchia per una modesta salva di mortai dell’esercito siriano, con cinque vittime civili. Non importa se il premio Nobel per la pace Barak Obama vincerà le prossime presidenziali. Queste armi stanno trasformando la democrazia Usa. Il dibattito su questo tema presagisce una mutazione perversa; nessuno può dire quanto incontrollabile essa possa diventare, ma di certo porta alla sconfinata barbarie e, con questa, alla fine del sistema americano, che fu fondato su tutt’altri valori.

Qualcos’altro intanto sta mutando. Russia e Cina poche settimane fa hanno stretto un accordo, col quale Mosca garantisce a Pechino quantità illimitate di forniture energetiche pagate con yuan, la moneta cinese. Questo fatto è più d’una rivoluzione monetaria, nonostante sia stato minimizzato sulla libera stampa italiana. Lo yuan, finora moneta non convertibile, accettato da Mosca in pagamento delle forniture energetiche, rappresenta il vero sigillo dell’alleanza fra Russia e Cina, tante volte annunciata, altrettante rimasta sulla carta.

Lo scontro militare fra USA e Cina sarebbe certamente a favore degli americani, finché il gigantesco programma di riarmo cinese non sarà oltre metà strada, cioè entro i prossimi cinque anni. Lo scontro militare fra USA e Russia sarebbe, sicuramente più del precedente, a favore degli americani, grazie al divario di tecnologia militare fra i due paesi.

Se tuttavia si andasse oggi allo scontro militare fra USA e l’alleanza Russia-Cina, la partita volgerebbe al peggio per Washington perché l’intero Pianeta gli si rivolterebbe contro e la stessa tenuta interna del sistema statunitense diverrebbe incerta e insidiosa, mentre i fronti di guerra non si rivelerebbero così mollicci come supposero i loro supponenti analisti. È, quest’ultimo,  un errore nel quale sono caduti ripetutamente. Un errore che in Siria oggi appare in tutta la sua macroscopica e stupida gravità.

Il fatto positivo è che in Israele una vasta maggioranza non intende più fornire alibi per le guerre che elevano il costo del barile, nella consapevolezza che il mondo è vicino allo scontro nucleare, ben più pericolosamente e con molte maggiori probabilità di quanto fosse durante la Guerra Fredda. Questa è la radice della crisi finanziaria mondiale: nessun investimento a lungo termine appare consigliabile quando la guerra mondiale incombe così da vicino.

L’umanità ha già pagato più volte a caro prezzo la presunzione del pazzo di turno di vincere le guerre grazie alla supremazia tecnologica. La storia tuttavia, disse Gramsci, è maestra di vita ma non ha scolari.

Due di questi scolari somari stanno correndo per la Casa Bianca, chiunque dei due vinca – e vincerà Obama perché è deciso così – rischiamo ancora lutti, rapine, distruzioni e sacrifici; lo ha certificato qualche giorno fa la diabolica Algela Merkel che dice di vedere nero nei prossimi cinque anni: lutti, rapine, distruzioni e sacrifici, cioé quanto costei e i suoi compari di Parigi, Londra e Washington chiamano crisi economica.